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di feste del papà e di farsi avanti

La festa del papà è una di quelle feste commerciali un po’ farlocche che non ho mai amato, ma che inevitabilmente respiri perché su Facebook ogni tre post ce n’è uno di auguri. Oggi poi tanti dei miei amici si sono messi a pubblicare foto di loro da bambini, coi rispettivi padri, e insomma un po’ di nostalgia mi è caduta addosso.

Allora sono andata anch’io a riaprire l’album, per rivedere me bambina 40 anni fa, al mare con mio babbo.

io e il babbo

Un babbo sorridente e fiero, che ci ha lasciate troppo presto ma che è stato forse una delle persone che più mi ha fatta diventare quel che sono.

Mi veniva in mente in questi giorni, in cui sto leggendo un bel libro che consiglio a tutti: “Facciamoci avanti. Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire” di Sheryl Sandberg: un libro che parla di come le donne debbano superare prima di tutto i limiti che loro stesse si pongono, e imparare ad alzare la mano più spesso, a prendersi delle responsabilità, a impegnarsi duro.

Mio padre per tutta la vita mi ha sostenuta, convinto che avrei potuto fare tutto quello che mi fossi messa in testa di voler fare.

Non è una cosa scontata per una figlia femmina, nemmeno oggi, e tanto meno lo era 40 anni fa: ma io, da lui, ho assorbito ogni giorno la consapevolezza di poterci provare, senza preoccuparmi né del fatto di essere una femmina né di venire da una famiglia modesta.

I miei mi hanno sempre detto “sei brava, se hai voglia di impegnarti noi faremo tutti i sacrifici che servono per farti studiare”. Entrambi avevano dovuto smettere di andare a scuola alla fine delle elementari, e, soprattutto per mio padre, questo era stato un enorme dolore; nonostante questo, avevano ben chiaro che continuare a studiare doveva essere una scelta mia, non un modo per compensare una loro mancanza.

È mio padre che mi ha insegnato a farmi avanti: lui che aveva compensato con l’esperienza e la lettura quello che non aveva potuto imparare sui banchi di scuola, e che non si sentiva in imbarazzo di fronte a nessuno: dottori, professori, dirigenti, politici. È da lui che ho imparato a contare sulle mie qualità e a impegnarmi per realizzare le cose in cui credo. È da lui che ho imparato a non stare zitta, a prendere la parola, a non aver paura di essere io il capo.

Ora io non ho figlie femmine a cui trasmettere questo senso di sé, ma a mio figlio cerco di insegnare l’impegno e il rispetto, e il non dare nulla per scontato. A casa nostra ci dividiamo le responsabilità e i compiti, e nostro figlio cresce – a giudicare dai suoi disegni – con un’idea molto aperta di ciò che possono fare uomini e donne.

Come scrive Sheryl Sandberg nel suo libro, “la rivoluzione avverrà una famiglia per volta“; nella mia, è iniziata almeno una generazione fa.

Un giro facile in Campigna (anche per bambini)

Mi è sempre piaciuto camminare in montagna, e, quando abitavo a Forlì, quasi tutti i fine settimana me ne andavo su per la Valle del Bidente, spesso con amici più esperti di me, a camminare per sentieri.

Poter raggiungere il crinale appenninico in poco più di un’ora è una delle cose che mi manca di più ora che vivo a Ravenna; alla lontananza si aggiunge poi la pigrizia mattutina dell’Ingegnere, causa di innumerevoli litigate festive, che rende praticamente impossibile essere su un sentiero a un’ora decente.

Tuttavia, mentre in primavera-estate vale la pena mettersi sul sentiero la mattina presto, in pieno inverno sono le ore centrali della giornata quelle migliori per stare fuori. Così quest’inverno abbiamo ripreso in mano gli scarponi, e continuato il nostro lavoro di educazione del piccolo alla montagna.

Portare un bambino a camminare non è una scommessa facile: da una parte io sono convinta che sia necessario “forzare” un po’, senza spaventarsi ai primi capricci (e nemmeno ai secondi), abituandolo a camminare sulle sue gambe e a stare in mezzo alla natura; dall’altra, cerco di fare tutto gradualmente e di non esagerare, per evitare di fargli diventare odioso quello che invece voglio fargli amare.

Abbiamo cominciato con passeggiate facili facili, sentieri natura alla portata di pensionati, percorsi con dislivelli minimi; poi, in Dolomiti, l’abbiamo portato su vie più alte, con alterno successo: a volte la camminata andava liscia, altre volte invece ogni salita era un calvario di frigne e contrattazioni.

In realtà non è una questione di energia fisica: i cuccioli ne hanno a dismisura, molto più di noi anziani genitori, e sono in grado di correre e saltare in misura più che sufficiente per scalare una montagna. Il problema è che su un sentiero tendono ad annoiarsi, e, quando non sono ancora abbastanza grandi per apprezzare gli aspetti naturalistici del percorso, non è facile trovare spunti per tirarseli dietro.

Oggi, con la Campigna innevata e previsioni del tempo ottime, ho deciso di provare un percorso sulla neve, con partenza dal Passo della Calla. Siamo arrivati su con la solita ora di ritardo sulla “mia” tabella di marcia, e ci siamo messi sul sentiero a mezzogiorno, dopo aver fatto due chiacchiere col mio amico Lello che prendeva il sole, rilassandosi in attesa della ciaspolata prevista per il pomeriggio.

Dal Passo della Calla abbiamo preso il sentiero 00, che, arrampicandosi sul versante nord in mezzo al bosco, porta alla Burraia. C’era molta neve, ma il sentiero era abbastanza battuto da riuscire a salire anche senza ciaspole; la salita è un po’ dura, ma siamo arrivati al pratone della Burraia in poco più di un’ora (la durata prevista per il percorso è di 40 minuti, ma sono tempi da adulti e senza neve). Un po’ di incontri e qualche fantasia sulla possibile presenza di folletti silvani ci hanno fatto passare il tempo.

camminando nella neve
La giornata era veramente splendida, e sul crinale non c’era quasi vento, condizione perfetta per pranzare al sacco dopo aver steso il poncho sulla neve. Visto che il ragazzo sembrava in forma, ho deciso di non tornare indietro dallo stesso sentiero, ma di allungare il percorso facendo un anello intorno al Monte Gabrendo. In questo modo, avremmo potuto goderci il sole che scaldava il sentiero di crinale.

Siamo saliti in cima al prato e abbiamo preso il sentiero no.86 in direzione del Monte Gabrendo. La neve in vetta era meno battuta, il che rendeva più difficoltoso camminare senza ciaspole, ma, dopo un primo strappetto in salita, il percorso era tutto in discesa (abbiamo rinunciato alla deviazione verso la vetta del Gabrendo per non esagerare, tanto il panorama era bellissimo anche dai prati). Guido si lamentava un po’, più che altro perché ogni dieci passi affondava nella neve, ma, con un po’ di pazienza, siamo riusciti a portarcelo dietro.

Dopo circa quaranta minuti di crinale, abbiamo lasciato il sentiero no.86 per imboccare il no.82, che, tenendosi quasi in quota in mezzo alla faggeta, torna verso la Calla. Il sole si stava abbassando verso il crinale, e il bosco era immerso in una splendida luce dorata.

sul sentiero no.82 verso il Passo della CallaIl ragazzo iniziava a stancarsi, ma farlo andare avanti su un sentiero che si tiene quasi in quota è più semplice che tirarselo dietro in salita 😉 Il rientro, dai prati di Burraia al Passo della Calla, è durato quasi due ore (probabilmente camminando a un passo normale avremmo impiegato un’ora e venti), senza capricci né crisi.

Guance abbronzate, polmoni ripuliti, siamo risaliti in auto proprio mentre il gruppone dei ciaspolatori, una sessantina almeno!, imboccava il nostro stesso sentiero, al seguito di Lello. Un sabato perfetto.

cielo in campigna

piccoli paradisi mediterranei

[ndr: considerando che gli argomenti di cui leggo in questi giorni (buzz sull’iPhone, polemiche sulla riapertura di BlogBabel, querelle Guzzanti-Carfagna, immunità sì-no) hanno su di me un effetto lievemente nauseante, ho pensato di dedicarmi a un post di pubblica utilità]

La spiaggia di Gerakas si trova sulla punta estrema del golfo di Laganas, lato sud dell’isola di Zante. Se per le vostre vacanze cercate “divertimento”, discopub, giochi d’acqua e amenità simili, smettete pure di leggere; se invece apprezzate la tranquillità e magari avete anche dei bambini piccoli, considerate Zante fra le vostre possibili destinazioni.

Tutto il golfo di Laganas è Parco Marino Nazionale, perché le sue spiagge sono uno dei più importanti luoghi di nidificazione delle tartarughe marine Caretta caretta. In particolare, le acque davanti a Gerakas sono zona A del parco, il che significa divieto assoluto di navigazione: no canotti, no motoscafi, no moto d’acqua; e quindi: no rumore, no (o pochissimo) catrame, no pericoli per i bagnanti.

Il golfo di Laganas è ampio e tranquillo, l’acqua tiepida, i fondali bassi e sabbiosi; sulla spiaggia ci sono un’ottantina di ombrelloni di paglia, disposti su due file davanti al bagnasciuga, ed è permesso piantare un proprio ombrellone solo in un’altra zona, quella meno sabbiosa; questo perché le tartarughe, per tutta la stagione estiva, arrivano di notte sulla spiaggia per deporre le uova in buche scavate sulla sabbia, e i nidi non vanno disturbati.

Tracce lasciate sulla sabbia da una tartaruga venuta a riva per deporre le uova

Tracce lasciate sulla sabbia da una tartaruga marina venuta nottetempo a riva per deporre le uova sulla spiaggia di Gerakas

Quindi, all’arrivo a Gerakas, i volontari e le guardie del Parco vi informeranno che dovete camminare vicino al bagnasciuga, e non disturbare in alcun modo (piantando pali, scavando buche, correndo) i nidi nella parte più profonda della spiaggia. Perfino i castelli di sabbia possono essere costruiti solo sul bagnasciuga, e vanno distrutti alla sera, per non ostacolare le tartarughe nella loro risalita dall’acqua.

Qualcuno penserà sicuramente “che palle!”. Liberissimo di andare da un’altra parte. Personalmente, non mi dà alcun fastidio comportarmi in modo da non mettere in pericolo la sopravvivenza di una specie animale già in serio pericolo di estinzione; e perfino Guido è stato in grado di spiegare per telefono alla nonna che la sera il castello si butta giù, “pecché dopo arrivano le tattarughe e i dà fastidio”.

Nel raggio di alcuni chilometri, in mezzo agli ulivi e agli orti, si trovano una ventina di belle case in affitto, tre taverne, un bar e un minimarket. Punto. Le case sono in buona parte affittate da un’agenzia inglese, Ionian Eco Villagers, che gestisce diversi alloggi per conto dei proprietari greci, motivandoli così a non vendere il terreno a qualche speculatore edilizio. Nonostante alcuni inconvenienti organizzativi (al momento è possibile pagare la prenotazione solo facendo un bonifico in sterline, nella triangolazione cliente-GB-Grecia qualche comunicazione va persa, et similia), l’impressione che ne ho avuto è stata comunque molto positiva.

Si percepisce un autentico coinvolgimento nell’obiettivo di mantenere le condizioni per un turismo sostenibile: i referenti locali lavorano nel centro informazioni sulle tartarughe, il “welcome pack” non è un’accozzaglia di brochures ma una buona raccolta di informazioni sull’isola, insomma si capisce che questi, oltre a farlo per lavoro, ci credono davvero.

La spiaggia è un capolavoro di “marketing della semplicità”: quanto costa un ombrellone e due sdraio per un giorno? 8 euro. Per mezza giornata? 8 euro. Per una settimana? 8 euro per sette. Nessun bar, nessun baracchino, nessun servizio: solo Maria che passa, più o meno fino alle quattro del pomeriggio, portando coppe di frutta fresca (3 euro) o golose ciambelle (2 euro).

l'ottimo servizio di piccola ristorazione da spiaggia fornito da Maria

l'ottimo servizio di piccola ristorazione da spiaggia fornito da Maria: frutta fresca a 3 euro, ciambelle a 2 euro

Nelle taverne si mangia benissimo: frutta e verdura arrivano dagli orti intorno, così come gran parte delle uova e della carne (il prezzo da pagare per i polli felicemente ruspanti sono i concerti dei galli all’alba, ma poi tanto si può dormire in spiaggia…); il pesce fresco è fantastico. Noi quest’anno abbiamo sempre mangiato alla Taverna Triodi, conquistati, oltre che dal buon cibo, dalla loro squisita gentilezza.

Alzarsi al mattino, andare al bar per la colazione, scendere in spiaggia e fermarsi a chiacchierare con uno dei vecchietti che affittano gli ombrelloni; passare tutto il giorno a mollo nel mare o stesi sul lettino, mangiando frutta e ciambelle; risalire prima del tramonto, fare la doccia e andare a cena in taverna. Insomma, rallentare, e capire quanto bisogno ne abbiamo tutti, di un po’ di lentezza.

Vedere Guido prendere le misure del posto nuovo per un paio di giorni, abituandosi alla nuova routine, e poi ambientarsi come un pesciolino nell’acqua: l’ultimo giorno, per dire, ha passato mezzora a far colazione al bar con i nostri vicini di casa austriaci, impegnato in una lunga “conversazione”, lui nel suo buffo italiano, loro in un po’ di parole italiane e inglesi, e un sacco di mosse e sorrisi. Ascoltarlo tutto contento ringraziare con “Efkaristò!!”, e mettersi a ridere alla risposta “Parakalò”.

Guido e il suo amico Yannis, che ci affittava ogni giorno l'ombrellone e i lettini

Guido e il suo amico Yannis, che ci affittava ogni giorno l'ombrellone e i lettini

Insomma, mi sento rigenerata. Non ho molta voglia di rituffarmi nella fuffa, anzi me ne terrò un po’ distante, e magari troverò qualche altra occasione per riossigenarmi.

Ah, alla taverna Triodi mi dicevano che negli ultimi anni, probabilmente per effetto della generale crisi economica, la stagione turistica a Zante si è molto ridotta: prima arrivava gente per tre mesi, adesso sono al completo per un mese circa, dal 20 luglio al 20 agosto. Chiaramente questo è un grosso problema, sia per chi affitta le case, sia per chi gestisce le taverne e il bar (che poi sono le tre-quattro famiglie che vivono a Gerakas da generazioni). Quindi, se volete prendere un po’ di sole a settembre, o l’anno prossimo fra maggio e l’inizio di luglio, sicuramente ve ne starete molto tranquilli, e magari contribuirete a sostenere un piccolo paradiso mediterraneo, a rischio estinzione più o meno come le tartarughe marine. Ci potete arrivare in traghetto, o – a luglio e agosto – con un volo diretto dall’Aeroporto di Forlì.

Io vi ho avvisati 😉

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