il corso della giustizia – o meglio, la corsa
Antefatto: un lunedì mattina, verso la fine dell’agosto 2004, siamo arrivati nella sede di Wafer e l’abbiamo trovata aperta e svaligiata. Fidandoci della porta blindata e del terzo piano, non avevamo mai pensato di mettere un allarme, e contavamo sull’assicurazione della titolare dell’impresa di pulizie sul fatto che le chiavi del nostro ufficio le avrebbe tenute lei e solo lei. Invece, negli ultimi tempi, la chiave era stata affidata a una nuova addetta; e così, quel sabato, dopo le pulizie normali, qualcuno aveva anche riaperto l’ufficio, svuotandolo di circa 15.000 euro di attrezzature varie. Nonostante il quadro indiziario fosse piuttosto definito, la nostra denuncia restò a languire al locale comando dei Carabinieri. Qualche settimana dopo il fatto, la titolare dell’impresa di pulizie mi chiamò, quasi in lacrime, dicendo di aver ricevuto una strana telefonata che le diceva di non preoccuparsi della cosa; tornammo alla carica dal maresciallo, che, dopo un paio di ricerche in archivio, ci confermò in via informale che effettivamente il convivente dell’addetta alle pulizie era un poco di buono con vari precedenti, ma che tuttavia, per fare qualunque cosa, lui avrebbe dovuto aspettare l’autorizzazione a procedere da parte del magistrato (all’epoca non ebbi l’idea di far telefonare da un prete, magari sarebbe servito).
Nel frattempo, noi mandammo giù il magone (sì, io avevo pianto di rabbia quella mattina) e, dopo aver ricomperato tutti i computer, ci mettemmo al lavoro per rifarci della perdita e smettere di pensarci.
Oggi, febbraio 2008, io sono stata convocata al locale comando dei Carabinieri. Un gentile sottufficiale mi ha informato che, essendo arrivati da Telecom i tabulati telefonici a suo tempo richiesti (nelle settimane precedenti il furto, avevamo ricevuto una lunga serie di brevi telefonate silenziose, che avrebbero potuto essere tentativi di capire se, a cavallo di ferragosto, eravamo in sede o no), era necessario che io lo aiutassi a capire se, fra i numeri chiamanti, ve n’era qualcuno di sospetto.
Cercando di restare educata e reprimendo la voglia di indicare usi alternativi per quei fogli (non ho voglia di una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale), gli ho fatto notare che ormai, anche trovassimo tutta la refurtiva, dei computer usati di tre anni e mezzo fa sono pressoché ferrovecchio. Mi ha risposto che in ogni caso la mia collaborazione potrebbe servire a identificare il colpevole, e fargli rispondere del suo operato di fronte alla legge.
Gli ho ricordato che nel 2006 è stato promulgato un indulto, quindi, nell’improbabile caso in cui un nuovo indizio ci avvicinasse al colpevole, ciò non avrebbe per lui nessuna conseguenza. Mi ha risposto che lui deve applicare le leggi, a farle ci pensano altri; e che comunque non esclude che io venga convocata anche dal magistrato, sempre in merito alla vicenda.
Non ho altro da aggiungere, vostro onore.