alebegoli

pensieri, letture, allegrie e sconforti di una che fa le cose con passione

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riparto da qui

Mentre valutavo fra me i pro e contro dell’inaugurare un nuovo blog, più serio e professionale, abbandonando questo al suo destino, mi sono imbattuta (serendipity purissima) in Penelope Trunk, autrice di libri e di un seguitissimo blog su come gestire la propria vita lavorativa.

Mi ha subito catturata l’alternarsi vertiginoso di argomenti professionali (i consigli su come gestire la propria carriera) e questioni privatissime (matrimonio, divorzio, nuovi amori, figli avuti e non avuti): una cosa che ho sempre vissuto come un difetto o un problema, ma che la Trunk trasforma in un punto di forza, affermando che il suo intento è precisamente quello di capire “how to find success at the intersection of work and life”. E con orgoglio e naturalezza mostra come è impossibile tener rigidamente separate le cose, anzi come sia necessario farle vivere insieme.

Allora mi sono rilassata, e ho pensato che è meglio continuare a scrivere qui; ho cambiato motto e pagina su di me, scelto un nuovo tema il più minimale possibile, e deciso che quel che conta è seguire (e tenere sempre accesa) la passione di fare le cose.

Non ho mai, prima d’ora, scritto un post sul fatto di tenere un blog, ma stasera – senza che ci sia da festeggiare nessun anniversario o numero tondo di post o commenti – vorrei celebrare e ringraziare tutte le persone con cui ho creato legami in questi anni; ciascuno di voi mi ha cambiata e arricchita. Considero una grande fortuna il vivere in quest’epoca in cui, grazie a Internet, possiamo creare e mantenere relazioni con tante persone, anche lontane; per ragioni anagrafiche, non sono una nativa digitale, e posso apprezzare bene la differenza coi miei vent’anni.

E ora riparto, da qui.

concetti di base

Ma scusate, la base qual è? Quella dei blog o quella che abbiamo visto sabato, le 2000 persone elette con le primarie? Quella e’ gente vera, non virtuale.

(Dario Franceschini a Repubblica, oggi)

Non so quale stupida arroganza porti Franceschini a rilasciare certe dichiarazioni. La base qual è?

Dario, voglio darti una brutta notizia. Io ho un blog, e se ritieni per questo di snobbarmi e non considerarmi rappresentativa della base, pace. Però nell’ultima settimana ho parlato di PD con mia madre, mio marito, mia sorella, diversi amici e amiche. Nessuno di loro ha un blog, tutti alle ultime elezioni hanno votato PD, nessuno di loro vi voterà alle prossime, e le espressioni che più ricorrevano in queste chiacchierate erano “schifo, nausea, sconcerto, incazzatura, delusione, pena”.

Forse io non rappresento la base in quanto blogger, ma sicuramente la rappresento in quanto scoglionatissima ex-elettrice di un partito che ho sostenuto per tutta la sua storia, privatamente e pubblicamente.

Non so ancora (come molte delle persone che citavo prima) se alle prossime elezioni manifesterò questa delusione e incazzatura astenendomi, non andando a votare, votando Di Pietro o i radicali, annullando la scheda. Ma finché il PD sarà governato non dalla base, ma da questo vertice ottuso e fallimentare, non consideratemi più parte della base, grazie.

Post scriptum: ah, e nel frattempo ricominciate pure il gioco dei distinguo e del tenere insieme tutto e il suo contrario, specialmente su questioni tipo il testamento biologico su cui la base ha le idee chiarissime e ha dimostrato in mille maniere di averle. In fondo, perché prolungare l’agonia?

darwiniana

Ho seguito per quasi tutta la giornata di oggi la discussione partecipata e interessante su FriendFeed, scatenata da una domanda di Mafe, in un post di Punto Informatico che in sintesi chiede “sono nel giusto quando continuo a sostenere che il buzz a pagamento non funziona?”.

Complice l’imminente bicentenario della nascita di Charles Darwin e un po’ di libri su evoluzione e dintorni che sto rileggendo, continuo a ragionare sull’argomento con gli occhiali dell’evoluzionista.

Dunque Mafe domanda “la strategia dei fake e del buzz a pagamento funziona? barare funziona?”. Le risposte sono a grandi linee di due tipi: chi sposta il problema sul piano dell’etica, con argomenti del tipo

  • non è importante se funziona o meno, è comunque una cosa scorretta
  • che male ci sarebbe a farsi pagare, se poi lo si dichiara?
  • lo fanno anche i giornalisti

e chi invece si mantiene nell’ambito delle considerazioni sulla validità o meno, in termini di risultati, del “barare”:

  • funziona
  • non funziona
  • funziona sul breve, ma poi nel medio-lungo periodo no

e varianti sul tema.

Nell’ottica darwiniana, la dinamica evolutiva avviene sulla spinta di due fattori: da una parte, le specie producono più progenie di quanta ne può sopravvivere, e all’interno di ogni specie gli individui non sono tutti identici; dall’altra, la spinta selettiva favorisce gli individui con le varianti maggiormente adattative, e il differenziale riproduttivo aiuta tali varianti a diffondersi sempre più.

La banalizzazione delle teorie evolutive – facilitata dal loro essere radicalmente a-finalistiche, e quindi in contrasto con la tendenza umana a “darsi una ragione” per ogni cosa – porta spesso a darne una lettura semplicistica e caricaturale, in cui si prende un singolo carattere (ad esempio, la lunghezza del collo nelle giraffe) e gli si assegna la responsabilità di definire, lui solo, il vantaggio competitivo dei singoli individui.

In realtà, i “fattori critici” che possono influire sulla selezione sono sempre contemporaneamente molteplici, e questo fa sì che caratteri svantaggiosi possano rimanere presenti all’interno di una popolazione, perché trasmessi da individui portatori di varianti vantaggiose di altri caratteri, tali da compensare i fattori negativi. Esempio banalizzante: una giraffa col collo più corto della media potrebbe tuttavia sopravvivere – e quindi dare origine a una discendenza di giraffe a loro volta bassine – perché dotata di una variante di enzima digestivo in grado di farle digerire varietà di piante che risultano invece indigeste alle altre giraffe.

Quindi, l’analisi di un singolo carattere – nonché l’osservazione sulla sopravvivenza di individui che ne manifestano una certa variante – può non essere conclusiva rispetto alla valutazione del vantaggio competitivo che quel carattere fornisce.

In termini di marketing: se un prodotto lanciato inizialmente tramite una campagna di fake buzz ha avuto successo, prima di concluderne che il fake buzz funziona, dovremmo essere certi che il successo non è dovuto invece ad altri fattori, quali ad esempio l’intrinseco valore del prodotto.

Inoltre, i vantaggi competitivi non sono quasi mai assoluti, ma in genere dipendono dal contesto ambientale in cui si manifestano. Un collo lungo è senz’altro un asset nella savana, dove mette a disposizione foglie di acacia da brucare, ma sarebbe un inutile ingombro – e ben costoso da mantenere – nella tundra.

Leggesi: se vendo prodotti mordi e fuggi (es un favoloso investimento-truffa con tassi d’interesse a due cifre), o mi rivolgo a un mercato poco propenso allo spirito critico (es pensionati teledipendenti), un buzz a pagamento può essere un ottimo investimento, nel primo caso perché non devo preoccuparmi del medio termine, nel secondo perché è improbabile che il fake venga scoperto. Al contrario, se invece vendo prodotti o servizi con l’obiettivo di creare una relazione che si consolida nel tempo, farei meglio a investire e sul prodotto in sè, e sulla qualità della relazione (es assistenza post-vendita, garanzie, evoluzione dell’offerta..).

Questa considerazione permette anche, a mio modesto parere, di affrontare l’annoso quesito etico “sono costretto a fare marchette?”. Se non mi va di giocare sporco, posso da una parte selezionare l’ambiente in cui vado a giocare, rivolgendomi a mercati in cui si giochi secondo certe regole; e, dall’altra, cercare di “modificare la direzione della pressione evolutiva”, contribuendo a fare sì che i comportamenti scorretti non risultino poi così vantaggiosi (es. sputtanando un po’ chi gioca sporco).

Quanto ai cinici che si giustificano con lotta per la sopravvivenza e concetti simili, non posso che ricordare che si può vincere in molti modi, e che è dimostrato che anche alcuni comportamenti altruistici sono selettivamente vantaggiosi. In natura, c’è chi vince sterminando i concorrenti, e chi vince creando simbiosi con potenziali concorrenti per sfruttare meglio le risorse.

Ovviamente, le specie in quanto tali non scelgono le strategie in termini di etica. La specie uomo tuttavia è singolare, sia per la sua grande variabilità (siamo diffusi in tutto il globo proprio perché abbiamo sviluppato nel tempo un’enorme varietà di possibili adattamenti), sia per il singolare sviluppo delle facoltà cerebrali e linguistiche. La nostra mente si è evoluta nel tempo per pensare in termini di obiettivi e intenzioni, arrivando ad attribuire significati astratti e spiegazioni sovrannaturali ai fenomeni fisici. Di conseguenza, ci poniamo problemi etici che la maggioranza degli individui di altre specie, verosimilmente, non potrebbe neppure concepire.

E’ questo che ci caratterizza come umani – e uso intenzionalmente il termine più neutro possibile, “caratterizza”, non “distingue” né tantomeno “eleva”. L’evoluzione non è finalistica, accade semplicemente: l’adattamento per gli uomini è consistito nel diventare sociali e, spesso, etici; per alcune vespe, nell’imparare a paralizzare un bruco, e usarlo poi come incubatore delle proprie larve. Agli occhi della vespa, i nostri dubbi etici semplicemente non hanno alcun senso. Ma, se vogliamo funzionare bene in quanto esseri umani, un po’ di schifo gli sfruttatori dovrebbero farcelo 😉

In conclusione: Mafe e gli altri, cerchiamo di mantenere, quantomeno nel nostro angolo di rete, ma se possibile anche un po’ più in là, un ambiente decente, in cui la pressione evolutiva favorisca individui della variante “persona corretta” rispetto al fenotipo “lurido bastardo”. OK?

disintossichiamoci una buona volta!

L’ultima bufala della cosiddetta informazione, quella degli MP3 droganti, dà la spinta finale a una decisione che stavo covando da qualche settimana.

Dopo aver abolito dalla mia vita telegiornali e televisione tutta, mi prendo anche un paio di mesi di vacanza da Repubblica, che è in piena versione estiva (ultraslim ma infarcita di cazzate).

Perché dedicare un quarto d’ora, una mezzora di tempo ogni giorno a leggere testi pieni di luoghi comuni, imprecisioni, opinioni di incompetenti, titoli fuorvianti, banalità presentate come la notizia del giorno? Tre ore a settimana in più per la mia vita, ci posso dormire, guardare il mare, giocare con Guido…

Negli ultimi tempi, mi sono rimasti particolarmente sullo stomaco:

  • “un piatto di carpaccio inquina più di un SUV”: eh suvvia, avete proprio misurato bene?
  • “ultima tendenza USA: asciugare i panni al sole”: ah grazie, avevo giusto bisogno del trend ammmericano per farmi spiegare che l’asciugatrice elettrica costa di più e li asciuga peggio…
  • “Google ci sta rendendo tutti più stupidi?”: non commento, che altri l’hanno già fatto meglio di me
  • uno strepitoso decalogo nel supplemento “Salute” su cosa fare per evitare il terribile pericolo delle punture di insetti: praticamente, passare l’estate blindati in casa, e uscire solo se coperti dalla testa ai piedi o se incapsulati nella propria auto a finestrini chiusi, e/o avvolti in una nuvola di veleno insetticida. Minchia che bella estate!

Insomma, in rete trovo testi scritti meglio, più informati, commentabili e sottoposti a uno stretto controllo collettivo su veridicità e fonti: chi me lo fa fare di spendere trentacinque euro al mese per il quotidiano, consumare carta e inchiostro, e prendermi pure del nervoso?

cinguettii

E’ quasi un mese che mi sono messa a usare Twitter, che all’inizio avevo snobbato come una delle tante inutilities di cui è affollato il nostro tempo.

Beh, mi ci sono affezionata.

Ci sono fili leggeri che si incrociano, non li definirei neppure “legami”, ma è un tenersi d’occhio, per quanto mi riguarda un occhio bendisposto.

Mi meraviglio di trovare, più spesso di quanto pensassi, un messaggio in casella “Tizio/a is following you on Twitter”. A volte conosco Tizio/a, a volte lo/a sto già seguendo anch’io; altre volte si tratta di sconosciuti, di cui cerco di capire come diavolo siano atterrati dalle mie parti. A volte lo capisco, a volte no.

Mi piace questa nuvola di messaggi che aleggia, parallela alle mie giornate di lavoro (ché, a parte quando sono dalla parrucchiera wifi come oggi, io mi connetto praticamente solo dall’ufficio, a casa con Guido è impensabile), in cui lascio una punteggiatura di piccoli scazzi, propositi “pubblici”, stati d’animo che è meglio non dire ad alta voce, ma che è altresì meglio non ingoiare, tanto verrebbero fuori in altre forme.

Mi piace essere stata sorpresa.

tentativi di elaborazione del lutto

Alle nove di ieri sera, la mia amica Cinzia mi ha mandato un SMS, “almeno hai un bel colore di capelli”.

Dopo aver messo a letto Guido, che erano quasi le undici, ho controllato i risultati, e poi ho fatto un giro di blog amici per condividere il lutto. Elasti affranta, anche lei in uno stato non consolabile neppure dai bimbi. Mantellini forzatamente ironico. Leggendo l’incipit di Stark, non ho retto più, e sono scoppiata a piangere e ridere allo stesso momento, più piangere che ridere per la verità.

manifesto dei repubblicani europeiStamattina al risveglio mi è tornato in mente il manifesto vagamente iettatorio dei Repubblicani Europei, che ho visto per la prima volta domenica mattina mentre pedalavamo verso il seggio: una donnina sfocata, con un sorriso malinconico, che tiene in mano la sua tesserina di puzzle verde (quando vedo una tessera di puzzle in un manifesto o in un sito, mi vien subito un conato di nausea: credo che non ci siano metafore più logore e abusate di quella…), e sopra, in nero (chi è l’art director? ditemelo, chi è???) la frase “insieme ce la faremo”, che mi ha subito fatto pensare a quelle cose che si dicono quando in famiglia c’è un lutto, o una brutta malattia.

Sì, in effetti mi sento come se tutto il paese avesse una brutta malattia. E non sono neanche sicura che insieme ce la faremo, a tener botta. Ho voglia di smettere per qualche settimana di comperare la Repubblica, per disintossicarmi di notizie, e sicuramente continuerò a tenere spenta la televisione.

PS: navigando per la rete arrivo all’amara analisi di Suzuki. Ne riporto le considerazioni finali, perché le condivido pienamente e non avrei mai avuto il tempo di scriverle altrettanto bene e per esteso.

PESSIMI BUONI PROPOSITI

In ultimo, qualche rapida riflessione sul “che fare?”.

Capitolo difficile. Non ho consigli da dare e francamente non credo di essere legittimato a farlo.

Posso dirvi cosa conto di fare io, avvertendovi che ragiono da una posizione di relativo privilegio (lavoro in proprio nel ricco nord produttivo, guadagno abbastanza bene, posso disporre liberamente del mio tempo e non devo rendere conto a nessuno delle mie azioni) e che ognuno fa storia a sé.

Una parte riguarda direttamente me. Le sconfitte fanno crescere, perfino se prese a raffica (ricordo a tutti che tifo per il Toro). Non amo il rito comunista dell’autocritica, preferisco riflessioni più pratiche e costruttive e detesto chi si piange addosso.

Un’Italia così mi disgusta, certo. Forse dovrei essere più compassionevole, ma vengo da un’altra cultura.

Posso solo prendere un impegno serio, che è migliorare me stesso. Tra l’altro c’è molto da fare. Credo laicamente alla teoria per cui i miglioramenti interiori portino benefici a ciò che hai intorno.

Credo anche che la gente che andrà al potere nei prossimi giorni sia pericolosa per i valori a cui tengo.
Parlo di valori veri, quelli che ti permettono di distinguere tra il bene e il male. E sono valori su cui non sono disposto a cedere, ma nemmeno a trattare.

Possono riscrivere i libri di storia, ma non riscriveranno la storia, possono santificare i mafiosi ma non renderanno appetibile l’ingiustizia a chi la subisce.

Ci sono cose non negoziabili. Ma non lo capiscono. E su questo, su queste vendette idiote e di bassa lega, genereranno tanta negatività che compatterà i loro avversari. Sono stupidi, certi berlusconiani: state pur certi che non mancheranno di farlo.

So per certo che in un’Italia sempre più “a misura di portafoglio” la difesa dei valori e degli stili di vita passa attraverso il denaro: vivere come si vuole è un lusso e lo sarà sempre di più.

E’ per questo che il mio pensiero costruttivo è quanto più di sanamente individualista e libertario si possa concepire e forse scandalizzerà qualcuno.

Per difendere la mia vita, la vita come la voglio io nella sua irrazionalità e irrequietezza (ed è una vita che mi piace e che voglio migliorare sempre di più e di cui non intendo rendere conto a nessuno), ma anche nei suoi valori che reputo buoni, credo che dovrò cercare di arricchirmi il più possibile.

Prima di gridare allo scandalo, rifletteteci.
Perché i soldi ti pagano la libertà, in questa Italia.
Ti pagano il diritto di abortire o anche solo di prendere la pillola del giorno dopo (basta pagarsi un viaggio in Francia), ti pagano il diritto all’eutanasia e ad una morte dignitosa, ti pagano una vita insieme se sei una coppia di fatto, ti pagano la libertà sessuale, la libera informazione, un’educazione laica e libera, una televisione non di regime, la libertà di assumere le sostanze che vuoi, un ambiente migliore, ecc.

Questo non vuol dire che smetterò anche per un solo centesimo di secondo di lottare affinché questo spetti di diritto a tutti, anche a chi non ne capisce l’importanza.

Ma a quasi 34 anni, dopo esattamente 20 anni di militanza ininterrotta e faticosa, credo che sia giusto ricordarmi che negli spazi tra una lotta e l’altra dovrei vivere.

sono ancora in tempo?

Durante il weekend mi sono tuffata in:

  1. spesa-coop
  2. ultimo-giro-saldi
  3. solite preparazioni cuciniere del weekend (brodo, torta, etc)
  4. ennesimo-sgombero-armadi (per fare posto agli effetti dell’attività di cui al punto 2.)

e ho ripensato con piacere al WebCocktail di venerdì.

Grazie di nuovo a Mantellini, [mini]marketing e Antonella Beccaria per la chiacchierata, grazie mille a Intruders.tv (Luca e Livia metteranno presto online i video, vero?) e grazie a tutti quelli che sono venuti, magari ne hanno già scritto in rete (così io mi risparmio ;-), si sono fermati a far chiacchiere etc etc etc: Elena, Leonora, che ha scattato anche un po’ di belle foto, Enzo, Marco, Tommaso, Fullo, e tutti gli altri che mi sarò dimenticata.

Voi che stavolta non c’eravate, segnatevi già in agenda che a maggio ne facciamo un altro!!!

PS: e poi dicono che i blogger sono cattivi e vendicativi!!! Nessuno di quelli che erano a cena ha fatto un post sull’accoglienza ricevuta al ristorante… 😀

cena after cocktail

grazie a Leonora per la foto 🙂

rinfrescata di idee da Berlino

Mafe riassume in un bel post alcuni appunti dal web2expo di Berlino, e mi re-illumina su due o tre concetti che ripeto tanto spesso anch’io, da ritrovarmeli a volte un po’ consunti per il troppo uso. Ne riporto qualche parola e frase, e rimando tutti al post originale, dove c’è altro con tanto di fonti:

  • […] non si può frenare un cambiamento già avvenuto […];
  • ha speranze di sopravvivere solo chi continua a sedurre i clienti anche dopo che hanno acquistato;
  • rispettare gli standard è la chiave per applicazioni stabili, scalabili, distribuibili e confortevoli per chi deve usarle;
  • progettare un’esperienza a cui non sia possibile rinunciare richiede passione, entusiasmo, coraggio e immaginazione, non benchmarking e forecast
  • vince chi integra le statistiche del sito con la propria esperienza e creatività […] questa cosa non sarà mai completamente automatizzabile

Grazie Mafe, anch’io ogni tanto ho bisogno di farmi ri-convincere delle cose che so già 😉

weekend

Nonostante Guido stanotte ci abbia tenuti svegli dall’una alle cinque, sono riuscita a fare un passaggio di saluti a Strati della cultura, ci tenevo. Già penso alle cose che si potrebbero fare insieme nei prossimi mesi.

Notte d’oro? no, grazie. Cena con due cari amici, e poi, se il pupo permette, nanna!

E poi, primarie. Sperando che si vada in molti, e che questo cambi la rotta intrapresa finora dal pd.

etica del lavoro 2

Mafe sente il bisogno di chiarire via MAniFEsto che il suo blog

è uno spazio personale e non sarà mai in vendita, neanche per il miglior tramezzino del mondo. Chi vuole vendere il suo blog e la reputazione con esso guadagnato, è liberissimo di farlo, ma per favore, non mettetemi (non metteteci, che il Maestrino sottoscrive) nello stesso campo da gioco.

Luca  Sartoni sviluppa il discorso, e mi trova del tutto d’accordo quando scrive:

Non mi ha mai fatto schifo sporcarmi le mani, ma non per questo preparo il pranzo senza essermele lavate. Quando si fanno le cose si possono fare in modo etico e in modo furbetto. Io sono della prima scuola e piuttosto ci rimetto di mio, ma il furbettismo proprio non lo sopporto.

Allora,  adesso che ce lo siamo ridetti e per iscritto, al lavoro tutti!

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