chiamatelo pure servizio…
Nel pieno dello spleen di gennaio, non paga dell’orgia di saldi del 2, ho deciso di comperarmi anche un paio di libri su Amazon.uk, e, il 5 gennaio, ho fatto il mio ordine.
L’ultima volta che avevo comprato un libro lì, mi era arrivato a casa nel giro di una settimana scarsa, così il 10 ero già in fregola pregustando il piacere di aprire il pacchetto al ritorno dal lavoro. Invece, niente. Verso metà mese, sono andata nell’area Tracking Your Orders, e, vedendo una data di consegna attesa per il 12 gennaio, ho cominciato a innervosirmi.
Ho scritto un mail “where’s my stuff” dalla pagina di help, e, in poche ore, il cortesissimo servizio clienti di Amazon mi ha risposto, spiegandomi che effettivamente si era andati oltre i tempi di consegna normali, e che, in caso di ritardi particolarmente prolungati, si sarebbero fatti carico di tutte le loro responsabilità. Mi hanno chiesto cortesemente di pazientare fino al 20, e così ho fatto.
Il 20 sera, ancora niente. Così, il 21, ho riscritto, spiegando che purtroppo ancora non avevo ricevuto nulla. Tempo due ore dalla segnalazione, e mi hanno riscritto scusandosi di nuovo, e garantendo che, visto il mancato rispetto dei loro standard di servizio, mi avrebbero immediatamente inviato un nuovo pacco con i miei due libri. A ruota, è seguito l’avviso di spedizione.
Il giorno dopo (ieri) sono tornata a casa per pranzo, cosa che faccio di rado; nella buchetta, un avviso di Poste Italiane mi informava che c’era un pacco da andare a ritirare all’ufficio postale dal giorno seguente. Dato che sapevo che in casa c’era gente, sono salita su a passo da bersagliere, spinta anche dal roteare delle sfere, ho preso il telefono e ho chiamato per farmi spiegare perché, con tre persone in casa (anzi 4, contando anche Guido: Paolo, la zia che badava Guido, e la colf), il postino non si fosse sbucciato il dito a suonare alla porta per lasciare il pacco (già mi è successo in ufficio con delle raccomandate…).
E qui viene il bello: quella che mi ha risposto all’altro capo del telefono mi ha spiegato che il postino non aveva con sè il plico, perché trattavasi di “pacco voluminoso”, e questi non vengono più consegnati a casa. Ho chiesto se stava scherzando; no!, anzi, secondo lei questo era a maggior vantaggio del cliente, perché, se il postino si porta dietro il pacco e poi non trova nessuno, essendo il pacco voluminoso mica lo può lasciare fuori dalla buchetta, dove la pioggia potrebbe rovinarlo o qualcun altro potrebbe prenderlo.
Insomma, a quanto pare il servizio postale italiano non prevede più la copertura dell’ultimo miglio, se non per le lettere standard: questa è a carico dell’utente (user managed delivery?).
Suppongo che questa sia una novità dell’ultima ora, visto che, fino a prima di Natale, ho regolarmente ricevuto a casa pieghi di libri di dimensioni e peso anche maggiori di quello che oggi la santa zia è andata a prelevarmi alla posta (per evitare che io facessi una strage, visti gli urli che mi ha sentito fare al telefono).
Dopo questa e il ritorno di svariati biglietti di auguri natalizi per “indirizzo sconosciuto” (a indirizzi regolarmente esistenti, ovviamente), mi confermo nel proposito di usare il meno possibile gli scadenti servizi di Poste Italiane. Mi chiedo anche, se le Poste sono arrivate solo quarte nella classifica 2008 delle companies to incazz for, la situazione è veramente oltre il punto del non ritorno.
PS: ho naturalmente avvisato Amazon.uk dell’arrivo del primo pacco spiegando il problema, garantendo che non accetterò il secondo recapito, e ringraziandoli per la cortesia ed efficienza, e ho ricevuto dopo cinque minuti un messaggio di risposta scritto da un essere umano, altrettanto gentile dei precedenti. Quando si dice “alti standard di servizio”..