ma siamo sicuri che Patch Adams…
Oggi hanno operato Guido. Eravamo i primi in lista, e la caposala ieri si era raccomandata di arrivare “anche un po’ prima delle sette”. Per la tensione, ci siamo svegliati che non erano neppure le cinque, così alle sette meno dieci eravamo in reparto, dopo avere anche un po’ corso per non tardare. Lì, ci hanno parcheggiati in sala d’aspetto, e solo verso le sette e quaranta ci hanno portati in camera. Dalla sala operatoria ci hanno chiamati alle otto e mezza. Dico io, mica si poteva entrare in reparto sulle otto, che Guido dormiva un’ora di più?
L’abbiamo seguito tutti e due fino al blocco operatorio, e qui hanno fatto entrare me per accompagnarlo fin dentro. Mentre mi davano camice, cuffia e copriscarpe, si è presentato l’anestesista, un omone con il naso da pagliaccio e un paio di antenne luminose. Vorrei poter descrivere la faccia preoccupata di Guido, sulla cui fronte si leggeva in trasparenza il pensiero “ma chi è questo buffone? mamma, non mi lascerai mica con lui???” Era molto confuso dal fatto che, in un momento in cui chiaramente stava per succedere qualcosa di importante, ci fosse un adulto che gli faceva le bolle di sapone in faccia invece di comportarsi da persona seria.
In compenso, dopo questo omaggio alla malintesa sensibilità verso i piccini, all’uscita dalla sala operatoria nessuno si è preoccupato di darci istruzioni chiare su dove l’avremmo dovuto aspettare, cosicché un’ora e un quarto dopo, sviati da indicazioni contraddittorie di tutti quelli a cui chiedevamo informazioni, ce lo siamo persi, e loro l’hanno rimandato in reparto urlante, facendogli attraversare tutto l’ospedale senza di noi.
Ci son voluti venti minuti di coccole e abbracci per farlo smettere di singhiozzare.
Il resto della giornata è andato tutto sommato bene, nel senso che l’operazione era filata liscia e Guido si è ripreso molto velocemente.
Vari motivi di riflessione ce li ha offerti, come sempre, la fauna presente in reparto.
La compagna di stanza di Guido era una bimba di cinque anni, che nel pomeriggio è stata operata in ortopedia. A cinque anni (cinque!!!) usava 1) ciuccio 2) biberon con la tettarella 3) pannolino durante il sonno!!! E quella decerebrata di sua madre non sembrava in alcun modo trovare tutto questo strano, anzi, quando la bimba (vedendo Guido nel pomeriggio che faceva pipì da solo nel vasino) ha manifestato la volontà di andare anche lei a farla in bagno, la madre ha osservato “sì, forse hai ragione, sarebbe ora che smettessi di usare il pannolino.. però adesso dai, falla lì che facciamo prima”.
Per tutta la giornata, tranne mentre la bimba era in sala operatoria, attorno al suo letto ci sono stati da un minimo di tre fino a sei persone, il tutto in una stanza che sarà stata tre metri per cinque. Quando diventavano tanti, per lasciare un po’ di ossigeno uscivo io.
Ciascuno di loro portava regali, tipo Barbies, cioccolatini, gadget Winx.. La bimba li scartava, e poi ci giocavano quelli che li avevano portati. La TV è stata pressoché sempre accesa (tranne al rientro di Guido in stanza, lì l’ho fatta chiudere io d’imperio), continuo disturbo acustico per noi, qualche sguardo distratto da loro.
Un’amorevole nonna le ha portato un tubo di Pringles, e, con nostro sommo orrore, queste sono state la prima cosa che la bimba ha mangiato dopo l’anestesia. Le Pringles, che sono grasso della peggior specie tenuto insieme da farina di patata, capite?? Io stavo considerando schifata i biscotti dozzinali che ci avevano portato per il the di Guido, rammaricandomi di non essere passata ieri dalla Coccinella Bio per comprare un po’ di merenda..
Comunque, sempre in ritardo rispetto alle promesse, ci hanno dimessi, e con nostro sommo sollievo ce ne siamo tornati a casa.
Io dico: invece di mettersi i costumi da pagliaccio, negli ospedali, perché non provano piuttosto a organizzare meglio il flusso del lavoro? Il fastidio più grande – per gli adulti e i bambini – è questo sentirsi abbandonati, in attesa della salvifica entrata del medico, che poi ti parlerà di corsa, e tu resterai a domandarti se davvero stava parlando a te invece che alla tua cartella clinica.
Organizzarsi meglio, e avere tempo e attenzione per spiegare il motivo delle cose, e quel che succederà. Io sono convinta che anche i bambini lo preferirebbero.