etica del lavoro
Segnalo con qualche giorno di ritardo un articolo di Giampaolo Fabris su Affari e Finanza di Repubblica, dall’eloquente titolo “più che il mecenatismo conta il rispetto degli utenti“. In sostanza, Fabris scrive che le aziende, quando si riempiono la bocca di bilanci sociali & C, prima di parlare di quante iniziative culturali e umanitarie hanno sponsorizzato, dovrebbero rendere conto dell’eticità dei propri comportamenti quotidiani, del rispetto dei propri clienti e utenti e della trasparenza di prezzi e tariffe.
Aderisco come una patella all’istanza di Fabris, anzi rilancio: prima di tutto le imprese dovrebbero rispondere alla semplice domanda: “quanto faccio bene il mio lavoro?”. Sono sfranta dalla scarsa qualità e attenzione che sperimento ogni giorno, e che poi va a causare problemi e disagi e sprechi.
Fare bene il proprio lavoro, ogni giorno, come un monaco zen; rispettare le regole, quelle scritte (tasse, codice della strada, sicurezza sul lavoro, protocollo di Kyoto, per dire) e quelle non scritte (tipo la buona educazione) e poi, tirata ‘sta riga e andati a capo, vedere se si può fare di più.
Sì, è molto più difficile poi costruirci una campagna di comunicazione sopra, lo ammetto. Ma quanto migliora la vita di tutti?