difesa della libertà?
Grande apertura di Repubblica sui pericoli che corre la nostra privacy, e sostegno a spada tratta dell’appello contro ogni alleggerimento della legge 196.
Io non sono mai stata un’ultraliberista, ma francamente tutto ‘sto impegno mi sembrerebbe meglio speso da altre parti.
Per quella che è la mia esperienza (di imprenditrice che rispetta le leggi, 196 compresa, e realisticamente ritiene che, per dire, un modico uso personale delle risorse aziendali sia tranqullamente tollerabile in cambio di serietà e disponibilità), l’unico effetto tangibile della 196 è il vorticoso giramento di coglioni che mi prende ogni volta che firmo un’informativa.
Archiviata la quale informativa, le persone/aziende/professionisti seri continuano – nella sostanza, non nella forma – a tutelare i dati (e non solo) dei propri clienti/collaboratori/contatti/etc, mentre i pirati continuano a fare quel che gli pare, norma o non norma. Così chi ha rispettato la norma si sente pure cretino, per il tempo e i soldi che ha perso in consulenze, aggiornamenti hw e sw, fax, etc.
Quanto poi ai casi che vengono portati a sostegno dell’idea che la libertà sia in pericolo – falsi malati che truffavano il datore di lavoro e l’inps, dipendenti aeroportuali videoscoperti a sbranare i bagagli, e via andare -, la mia solidarietà non va certo nella direzione desiderata dagli appellanti.
Scusate il rigurgito di sincerità, ma se la legge deve servire prevalentemente per tutelare i disonesti, allora può essere che ultraliberista e deregolatrice lo diventi pure io.